Easy Slider

venerdì 29 marzo 2013

Una tradizione di oltre 300 anni illumina Camaiore

In una notte Camaiore viene illuminata dalla fiamma di più di 20mila cincidellori.
Una tradizione lunga oltre 300 anni, che si ripete con cadenza triennale, in occasione della processione di Gesù morto.
Il cincidelloro è antica lampadina ad olio, creata da un cerchio di ferro che incorpora 4 quadratini di sughero, che gli permettono il galleggiamento, e uno stoppino imbevuto di cera al centro; il tutto viene messo, poi, dentro ad un bicchiere contenente acqua e uno strato di olio. Una volta acceso lo stoppino si accende anche la magia.
Il cincidelloro, nome usato sia per indicare il particolare annello di ferro sughero e stoppino, sia per indicare il lumino stesso, ricopre tutte le pareti e i davanzali del centro storico di Camaiore creando uno spettacolo suggestivo che riporta indietro nel tempo, evocando un' aria intrisa di religiosità, ricorrenza e angoscia. 


"La sera del venerdì santo, per ogni triennale di Gesù morto, dalla confraternita dei Dolori viene fatta la processione per la città, col simulacro del Redentore unitamente a quelli della Madonna, di San Giovanni e Santa Maria Maddalena, collocati in mistico gruppo sopra un palco fulgente, portato a spalla da alcuni devoti.
Intanto, le facciate delle case prospicienti alle vie, sono artisticamente illuminate con lampadine a olio. Lo spettacolo è quanto mai di grandioso e di suggestivo.
L'illuminazione, oggi, può dirsi unica in Italia, per il caratteristico dise­gno.  Il palco procede lentamente tra la gente devota, che dalle campagne e dai Comuni limitrofi accorre numerosissima. La contemplazione di quella vergine trafitta nel cuore da sette lance, la vista del figliolo divino che al piede le giace nudo sotto orrido velo di sangue rappreso, ti danno all'anima il tormento angoscioso che si sprigiona dagli occhi con lacrime di compunzione e di rimorso, nell'analisi singola che in quell'attimo fuggente, ciascuno fa della propria coscienza.
Un coro d'uomini che esegue lo
Stabat Mater seguendo la processione, accresce la solennità della festa che lascia nel cuore degli astanti un'indimenti­cabile impressione, un palpito nuovo di fede e di riconoscenza verso colui, che nel martirio del Golgota, purificò e redense l'umanità peccatrice. Usciti fuori di città, ecco la campagna con le sue adiacenti colline, che tutta illuminata, sembra un ampio anfiteatro, fantasticamente preparato per lo svolgi­mento, non si sa, di quale dramma funereo. La scena è bella e triste ad un tempo, e mentre alletta l'occhio dell'osservatore, piomba nell'anima un'infinita malinconia.
Quei lumi rossastri, che brillano nello sfondo notturno e che più qua e più là delineano emblemi della passione, sembrano facciano contrasto col cielo tremulo di stelle, che canta la primavera nascente, che scioglie l'inno della giovinezza e dell'amore alla natura ridestata, la quale sente nelle viscere i germi fecondi della nuova stagione.
Ma...la contraddizione sparisce se si considera che quella notte, ricordando la morte di Gesù, rammenta ancora, come dal sacrificio del Golgota sorse la vita vera, la
giovinezza eterna, la primavera di un'era novella per l'umanità.
Quando l'ultima stella sta per essere eclissata dall'aurora nascente, qualche lampadina continua ancora a dare guizzi di luce". Vincenzo Tabarrani, in occasione della triennale di Gesù morto del 1930


Eleonora

Nessun commento:

Posta un commento